Patreon: tra autori, lettori e finanziatori

di Matteo Contin

Basta passare qualche ora a leggere le ricompense dei profili Patreon di fumettisti per capire in che stato versa la più celebre piattaforma di sostegno economico diretto ad artisti, youtuber, cosplayer e gente che in generale fa cose per cui qualcun altro è disposto a sborsare del denaro. E fatto ciò è sin troppo facile demonizzare il sito, che si rivela essere semmai un amplificatore di comportamenti da sempre presenti nel mondo del fumetto: dalla monomaniacalità del determinato autore/personaggio, alla richiesta del ritrattino o della pin-up desnuda. Quel che è cambiato però con Patreon è che ora non c’è più bisogno di chiedere nulla all’autore, è lui ad offrire direttamente il servizio in cambio di un’entrata mensile regolare.

Perché lo scopo, e la trappola, di Patreon è proprio quello: riuscire a ottenere una tranquillità economica attraverso donazioni. Ma quando un autore diventa economicamente dipendente dal suo lettore in forma così diretta (senza più quindi l’intermediazione di un editore), diventa consuetudine esaudire le richieste del proprio pubblico per garantirsi lo “stipendio” mensile, compiacendolo con cose di suo gradimento. Però la lettura non è questa cosa qui, la lettura è un atto totalmente passivo dove il lettore non chiede, non pretende, non commissiona, non influisce. Accetta invece di farsi guidare su strade che non conosce e che certo possono anche non piacergli, ma sta pur sempre seguendo il percorso dell’autore. Mica quello che ha scelto lui. E su Patreon per fortuna c’è ancora qualche autore che non si prostra completamente al volere dei suoi lettori.
Per esempio per tre dollari al mese si può leggere una storia inedita di Michael DeForge, oppure per un dollaro potete dare un occhio al processo creativo di Chester Brown tramite sketch e studi che pubblica settimanalmente. Se avete invece qualche dollaro in più da investire potete accedere a tutti i fumetti che Noah Van Sciver ha realizzato sulla piattaforma. Rispetto ai suoi colleghi, Van Sciver ha un approccio diverso: attualmente sta serializzando un memoir dal titolo One dirty tree, di cui pubblica un paio di pagine la settimana. È un lavoro complesso e ambizioso che si sta già dimostrando uno dei migliori dell’autore canadese: un racconto composto da tavole autoconclusive che abbracciano un trentennio di storia familiare e che Van Sciver pubblica senza seguire un ordine cronologico ma saltando avanti e indietro nel tempo.

Van Sciver porta su Patreon un contenuto dalla lettura complessa e articolata, lontano dai racconti brevi che vanno per la maggiore tra i suoi colleghi. Ed è questo il punto: la sensazione è che One dirty tree sia un lavoro così importate per Van Sciver che dopo la serializzazione su Patreon verrà pubblicato in cartaceo. E perché dovrei patronizzare Van Sciver quando poi acquisterò sicuramente il suo libro? Certo, Patreon mi permette di dare un contributo diretto senza l’intermediazione della filiera di una pubblicazione a fumetti, però è anche vero che la lettura di One dirty tree dà più soddisfazione se fatta in un’unica soluzione e non centellinata tavola dopo tavola, settimana dopo settimana.

Sul progetto di Van Sciver c’è poi da aggiungere un altro aspetto non meno rilevante: One dirty tree è un fumetto complesso che intreccia più linee temporali, e ha quindi una storia delineata se non da una sceneggiatura perlomeno da una scaletta. Ne consegue che in questo, e in altri casi, il valore aggiunto di Patreon rispetto a un blog, a un sito o a Tumblr è semplicemente la possibilità di ricevere un pagamento. Nelle mani di alcuni autori, Patreon diventa quindi un medium freddo, un semplice intermediario economico senza che ci sia mai la volontà di trasformarlo in uno strumento espressivo le cui caratteristiche possano essere utilizzate per costruire una narrazione che sia esclusiva del mezzo.

Che è invece la strada che sta tentando Cristina Portolano con il suo Tinder Date, un fumetto su sesso e affettività che sta serializzando da dicembre 2016. Nelle mani della Portolano, Patreon diventa anzitutto un supporto nuovo che la obbliga a modificare il suo metodo di lavoro. L’impegno di pubblicare almeno due tavole la settimana la costringe a mettere da parte le sue linee precise; gli sfondi ricchi di dettagli e i tratti morbidi lasciano lo spazio a un’atmosfera sintetizzata, a un tratto più istintivo che fa emergere la selvatica spontaneità da sempre presente nei suoi lavori. Poi, al contrario di One dirty tree, in Tinder Date non c’è storyboard, non c’è sceneggiatura, la narrazione viene portata avanti navigando a vista pagina dopo pagina. Ed è questo il vero motivo per cui il progetto della Portolano è forse uno dei più interessanti dell’intera piattaforma: leggendo le tavole non seguiamo solo le puntate di una storia, ma il processo creativo dell’autrice e la nascita di un personaggio che tavola dopo tavola viene perfezionato. Così, mentre i disegni lavorano di sottrazione, la storia procede accumulando materiale su materiale, restituendo in questo modo la complessità e le sfumature che la Portolano vuole infondere al suo personaggio.

Tinder date non è un fumetto seriale che procede sicuro verso un obiettivo sfruttando trucchi narrativi e costruendo una perfetta parabola per la protagonista, ma vive di una narrazione consapevolmente confusionaria, che cerca strade per costruire un personaggio complesso la cui forza drammatica non è costruita su tracciati conosciuti ma procede per accumulo. Difficile che un libro possa replicarne la complessità, proprio perché governata da una casualità e da uno spirito di ricerca che cozzano con la progettualità cui un libro ti obbliga. Tinder date usa Patreon come piattaforma, come supporto e infine come strumento, sfruttando appieno tutte le sue caratteristiche per cercare strade narrative non ancora battute. Insomma, in questo caso Patreon non è solamente un mezzo per ricevere del denaro dai propri lettori.

Perché su Patreon non paghiamo per vedere o leggere quello che vogliamo e ci aspettiamo. Paghiamo per mettere un autore che ci piace nella condizione di fare quello che vuole senza l’affanno dei conti da saldare. Come si notava all’inizio, il mecenatismo a volte obbliga a compiacere i propri finanziatori, ma è anche vero che ogni autore ha i mecenati che si merita. Patronizzare un autore dovrebbe essere un atto di fiducia del lettore, che contribuisce al sostentamento dell’autore ma rimane ai margini del processo creativo e gode alla fine del risultato.

Questo concetto lo spiega bene Bianca Bagnarelli, che qualche settimana fa ha lanciato il suo Patreon. Negli ultimi anni la Bagnarelli si è dedicata di più all’illustrazione che al fumetto (e non è difficile immaginare il perché). Come scrive nella presentazione:

Amo creare fumetti, è quello che voglio fare per tutto il giorno, ma ultimamente mi sono trovata con sempre meno tempo per produrne (scrivere, disegnare, stampare) e con sempre maggior consapevolezza che non è qualcosa per cui voglio accettare (troppi) compromessi.

Il mio ruolo di patronizzatore ha assunto quindi un valore inaspettato e, lo ammetto con un poco di vergogna, mi sono persino emozionato. Soprattutto quando la Bagnarelli, in un passaggio successivo, scrive:

Quindi questo Patreon è per chi vuole supportare il mio lavoro di fumettista e aiutarmi a rimanere felice e in salute mentre lo svolgo.

Penso sia un concetto importante quello espresso dalla Bagnarelli, che prende le distanze da un fumetto dalla produzione massificata per farlo diventare un microcosmo dove l’autore può sentirsi libero di sperimentare e raccontare perché i suoi lettori/finanziatori gli danno la possibilità e la fiducia per percorrere strade non battute (e magari poco efficaci, ma non è questo il punto) senza che qualcuno cerchi di rimetterlo sul percorso “corretto”. È un metodo di produzione lontano dalle logiche del mercato, che si rivolge a un pubblico ancora più ristretto di quello del sistema delle autoproduzioni o delle piccole case editrici.

Il rischio che questo microcosmo si possa trasformare in un circolo chiuso che riflette sé stesso esiste ed è reale. Ma è tutto nelle mani dell’autore, nella sua capacità di coinvolgere un pubblico attento che sappia seguire un percorso misterioso che si dispiega tavola dopo tavola, riuscendo a raccontare storie che non siano per forza quelle che noi lettori pensavamo di volere. In fondo noi lettori siamo prevedibili e andiamo sempre a cercare rifugio nelle storie che sappiamo piacerci, nei personaggi che ci affascinano e negli autori che incontrano i nostri gusti, però il divertimento vero c’è quando qualcuno ti porta fuori strada e cominci a scoprire qualcosa di nuovo.

2017-06-23T16:08:06+00:0003 / 05 / 17|Articoli, Numero 1: L'età dell'oro|0 Comments

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