Premessa

Negli ultimi tempi Crumb gode di una brutta fama in America. I giovani autori non fanno che parlarne male. Dicono che la sua rappresentazione della donna è offensiva. Che è razzista. Che è un predatore sessuale. Che è misogino e antisemita.
… insomma, ci vanno giù pesante. Alla consegna dei premi a un festival del fumetto indipendente, quando è stato pronunciato il nome di Crumb, il pubblico ha fischiato.
Prima di cominciare vorrei semplicemente dire una parola a proposito di queste critiche: il mio parere è che ogni opera vada analizzata e giudicata per l’equilibrio che si trova al suo interno. Essa crea un mondo a se stante ed è al suo interno che va cercata l’etica che lo attraversa. Prendere un aspetto del lavoro di Crumb e definirlo scorretto per i nostri standard, indipendentemente da un’analisi completa del suo lavoro, rivela incapacità critica, se non mala fede.
Bene, direi che possiamo cominciare…

Ode a Robert Crumb

di Alessandro Tota

Me lo ricordo bene quando ho scoperto Robert Crumb: era un vecchio libro della Acme Edizioni, Io e le donne. Non avevo mai visto niente del genere. Raccontava la sua vita prendendosi per il culo in maniera incredibile, ma anche come una specie di epopea eroica in cui anche il successo era visto come una stronzata e i suoi ammiratori come dei fessi.
Questa assoluta mancanza di buon senso, di adulazione del pubblico e di se stesso, mi piaceva e mi piace ancora un casino. È una qualità rara, l’autoironia. Ci prendiamo tutti terribilmente sul serio. E facciamo bene, perché là fuori è una giungla, se mostri che sei debole ti ammazzano! Ma Crumb se ne fregava, i suoi fumetti erano uno spazio di libertà assoluta. È stata questa la prima cosa che ho amato di lui.

Poi, essendo io un cattolicone, ho amato il gusto masturbatorio della confessione. Crumb vuota il sacco come nessuno prima di lui. Senza vergogna. Ogni fantasia, desiderio, delirio, per quanto inconfessabile, eccolo là, nero su bianco. Sempre prendendosi per il culo, ma anche godendo, eccitandosi. Personalmente non ho mai trovato sessualmente eccitante il lavoro di Crumb, né particolarmente offensivo nei confronti delle donne. Prendeva troppo per il culo se stesso per poter essere offensivo verso chiunque. Era del tutto privo del principio di autorità, troppo “contro” i valori classici del maschio per poter essere offensivo verso la donna. Per me era un teatro delirante con regole tutte sue.
Era chiaro che lui si stesse arrapando a disegnare certe cose, ma a me faceva soprattutto ridere che lui si facesse ‘sti film, che sono cose completamente assurde, tipo essere re in un mondo in cui sono tutte donne bonissime, una fantasia che neanche un tredicenne… o quella in cui arriva un manipolo di donne maoiste e lo arresta… che cretino.

Poi, crescendo, ho messo a fuoco la sua visionarietà. Il fatto che qualunque cosa lui disegnasse fosse trasfigurata. Che ci trovassimo nella testa di Robert Crumb. Era un talento magico, con pochi uguali nel fumetto. Se Milton Caniff disegna un vaso, è soltanto un vaso. Bello quanto si vuole, ma resta un vaso. Ma se Crumb disegna un vaso, quello diventa un concentrato di nevrosi, una visione sconvolgente. E questo è fantastico perché per farlo serve la tecnica, ma serve anche un’onesta e coltivata singolarità. La sua visione poetica è straordinaria, guardate il modo in cui disegna le scene di strada americane, non si limita a rappresentare le forme. Sceglie gli elementi da accentuare per trasmettere l’idea di un mondo in decadenza, una società perduta. E in mezzo a questo delirio spaventoso, cosa conduce gli individui? Le pulsioni bestiali! Il sesso! La ricerca del potere! Uomini e donne sono egualmente perduti. Eccola l’umanità di Crumb, ed ecco il vero scandalo nel suo lavoro, quello di essere fuori dalla società e di mostrarla come la maggior parte delle persone non vorrebbe mai vederla.

Dopo quel libro, Io e le Donne, ho comprato il Kafka illustrato da Crumb. A sedici anni avevo una vaga idea di chi fosse Kafka. Avevo una vaga idea di cosa fosse qualunque cosa, a dire la verità. A me quel libro ha aperto la testa. È stato importantissimo leggere Kafka. Era importante scoprire che una persona si fosse guardata dentro in quel modo. Da allora ho sempre associato Kafka e Crumb.

Arrivato all’università ho letto Solo come Kafka di Marthe Robert e ho cominciato a vedere una nuova affinità tra Kafka e Crumb.

Kafka era ceco, ma scriveva in tedesco, in un tedesco semplice e diretto. Cercava l’intensità, e a volte chi cerca la visione forte, vivida, riduce al minimo gli orpelli, non ne ha bisogno (Kafka, ma anche Ágota Kristóf). Ho sempre trovato una curiosa affinità il fatto che Crumb, che ha realizzato i suoi fumetti sempre in “scrittura automatica” improvvisando vignetta per vignetta, tirando fuori le sue ossessioni, abbia utilizzato la grammatica dei fumetti che leggeva da bambino, che per lui era la grammatica più semplice: quella di Barks, di Walt Kelly, di Little Lulu. Usa le stesse inquadrature e i passaggi di tempo di questi fumetti.
Non posso impedirmi di pensare che come Kafka usi un tedesco semplice, Crumb usi un linguaggio del fumetto semplice per concretizzare i propri fantasmi.

Semplificare il linguaggio per accedere a una specie di sogno lucido… mi sembra un’idea bellissima. Sapete che Kafka scriveva quasi in trance? E che disegnare alcune centinaia i trattini come fa Crumb vi porta in uno strano stato mentale?
A me ‘sta cosa della scrittura semplice per esplorare la propria fantasia, non per esprimere un’idea pensata in precedenza, ma per andare a zonzo, per dare libero corso, per divagare, mi ha ossessionato per anni. Se ne sente ancora l’influenza nei miei fumetti.

Sempre all’epoca della lettura di Kafka ho scoperto che Crumb faceva questi sketchbook bellissimi. “Anche io!” mi sono detto, illuso come solo un giovane disegnatore può esserlo, “Anche io avrò un quaderno così, con tanti bei disegni fatti direttamente a penna!”… e quante pagine ho strappato, per nascondere ai posteri i miei errori! Quanti quaderni sprecati! Tutta colpa di Crumb!

Poi Stampa Alternativa fece una ristampa dei primi numeri di Zap Comix, e nell’introduzione, che imparai a memoria, trovai finalmente delle informazioni su San Francisco e sugli anni Sessanta. In epoca pre-internet era oro. Spesso le storie su Crumb me le raccontavano gli amici più anziani ai giardinetti. Interrogavo gli studenti universitari che lo conoscevano, carpendo informazioni, scroccando da fumare, sempre in pochi eletti a conoscere, a capire. Una massoneria di sconvolti, col mito degli anni sessanta. A me sarebbe piaciuto essere Andrea Pazienza, ma in cuor mio mi identificavo con Robert Crumb.

E poi gli devo la scoperta del blues, il primo cd di Charley Patton che comprai, che corsi a far ascoltare al mio migliore amico. Per non parlare dell’introduzione che Crumb fa a Kurtzman, e da là una porta che si apriva sulla storia della cultura popolare… che momenti, ragazzi. Parlare di Crumb è raccontare la mia adolescenza barese, passata a disegnare nella speranza di diventare anche io bravo come lui, motivato dall’ammirazione e da un sano spirito di emulazione. Per me Crumb era uno che non faceva compromessi, era uno che cercava l’onestà sopra tutto e lo faceva RIDENDO. Ma cosa volete di più?

Nel suo lavoro vedo accettazione di se stessi e messa in crisi dei valori, in un processo che rade al suolo le strutture, le menate, i presupposti falsi, per ripartire dalla verità dell’individuo. Questa prassi è il risultato di precise circostanze storiche, quelle dell’America degli anni 50-60, ma parla di un bisogno sempre presente negli uomini e nelle donne, un bisogno ancora attuale.

Crumb gioca a fare un viaggio nell’incosciente, perdendo ogni remora e ogni controllo. Non fa “comunicazione”, non fa propaganda. Compie un atto di realizzazione puramente personale, addirittura antisociale, in cui l’individuo afferma se stesso contro ogni buon senso. Se è vero, come dice Alan Moore, che ogni arte è propaganda, in Crumb ciò che è propagandato è la liberazione dell’inconscio, prima che il suo contenuto.

E io che a quindici anni io cercavo nei fumetti nient’altro che storie divertenti, ho intuito vagamente tutto questo grazie a Crumb, e mi ha trasformato per sempre.

Sarò sempre grato a quell’uomo. Al diavolo le polemiche, non posso dire altro che GRAZIE DI TUTTO, MR. CRUMB.

2018-12-12T12:10:05+00:0011 / 12 / 18|Articoli, Numero 3: ESTREMO|0 Comments

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