L’evasione procrastinata: un ritratto di Shintaro Kago

di Matteo Contin

Mentre cammina verso casa, Tomio tiene le mani ai lati della testa. Preme con forza come a voler impedire il minimo spostamento del suo capo. Ed è in effetti proprio così, visto che una strega (con cui ha tradito la sua fidanzata) gli ha tagliato il collo con un capello nascosto in un dolcevita. Ora tutto è letteralmente nelle mani di Tomio: persino il più piccolo movimento può interrompere il collegamento di vene e nervi e decretare quindi la sua morte. Tomio è protagonista di uno dei racconti contenuti in Fragments of horror di Junji Ito che, sfruttando i modi di un classico racconto del terrore, innesca un crescendo costante legato all’obbligata immobilità del protagonista: per Ito è l’occasione, ancora una volta, di esplorare con slancio espressionista l’improvvisa follia che travolge la mente di una persona comune.

Mentre cammina sovrappensiero, una ragazza calpesta una sostanza organica non identificata. Quando la schiaccia, il rumore che sente è splotch. Quel rumore ripugnante la blocca del tutto (insieme all’odore disgustoso che emette quella cosa e alla paura di scoprire cos’è), e così la ragazza rimane ferma per giorni interi in quella posizione. Quando la fame, la sete e il sonno stanno prendendo il sopravvento, decide di amputarsi il piede e tornarsene a casa in tutta tranquillità. L’incollatura davanti alla stazione è uno dei racconti meno pirotecnici di Kagopedia, eppure uno dei più rappresentativi del lavoro di Shintaro Kago.

I due autori partono da uno spunto comune ma prendono strade differenti: Ito costruisce un horror classico basato su un rapporto di desiderio-peccato-espiazione in cui il protagonista è sì vittima di una maledizione ma ne è anche in parte artefice, mentre Kago sembra voler bloccare la sua protagonista in quella situazione solo per il gusto di farlo, per vedere come la mente umana può reagire in una situazione assurda e senza spiegazione. Al contrario di Ito, che cesella scrittura e disegno per restituirci ogni grado di ossessione e inquietudine che alberga nella mente dei suoi personaggi, Kago dimostra di essere un autore clinico, che volge la sua attenzione più alle reazioni che alle emozioni. I personaggi di Kago non sono né più né meno che topi da laboratorio, e le sue storie sono labirinti ed esperimenti per obbligarli a immaginare inediti piani di fuga: non è interessato quasi mai all’individuo, non è un Jigsaw che si diverte a selezionare le sue vittime e a seviziarle con trucchi e trabocchetti, i suoi labirinti sono esperimenti volti a indagare l’umanità. Non l’umano.

Per questo, anche ne L’incollatura davanti alla stazione, Kago abbandona dopo qualche pagina la sua pseudo-protagonista e comincia a raccontare storie di altre persone bloccate. La narrazione diventa un susseguirsi disomogeneo di storie brevi, gag e scenette attorno all’idea iniziale, uno zoom-out che dall’individuo passa al disordine della collettività. E il finale non c’è. Ogni storia di Kago (persino i suoi lavori più lunghi) è la storia della nascita di un meccanismo e del suo sviluppo. I suoi racconti partono spesso da un fatto quotidiano e poi si allargano fino a descrivere i meccanismi del capitalismo, della politica, dell’universo e del fumetto. Kago si diverte a sviluppare teorie assurde, scenari storici alternativi e leggi folli, trasformandosi nel narratore dell’entropia universale: non vuole trarre conclusioni, vuole solo osservare il funzionamento degli ingranaggi e la progressiva usura, distogliendo lo sguardo poco prima della catastrofe, che tanto sappiamo tutti come andrà a finire.

Facciamo però attenzione allo zoom-out, a quel movimento che Kago fa partire sempre da un protagonista fittizio da cui poi si allontana per allargare punto di vista. È in questo movimento che si nasconde tutto l’orrore che a Shintaro Kago interessa raccontare: una burocrazia perversa, i meccanismi del quotidiano che si inceppano o che, al contrario, accelerano il loro macinare, l’assurdità dei fili invisibili che ci manovrano. Ma è un orrore continuamente ridicolizzato, ci si fa beffe del tanto del Grande Ingranaggio quanto delle paure che scatena in noi. Non è quindi sorprendente che l’horror per Kago sia in realtà una scusa per fare satira sulle strutture sociali, economiche, storiche e politiche che regolano le nostre vite.

Così la lettura affiancata de La formidabile invasione mongola, Shine!, Superconductive brain parataxis e dei racconti iniziali di Uno scontro accidentale sulla strada per andare a scuola può portare a un bacio? traccia un ideale percorso nella ricostruzione satirica della storia del capitalismo secondo Kago, dove i corpi degli ultimi diventano macchine e ingranaggi per favorire il progresso e armi fondamentali per poter vincere una guerra (per Kago la critica al capitalismo non può essere disgiunta da un discorso antibellico). È meno scontata invece, la componente satirica che l’autore usa nei suoi fumetti apparentemente più legati a un genere specifico. Per esempio il decostruzionismo di Fraction è l’ironico sabotaggio del thriller classico in cui l’autore – personaggio del suo stesso fumetto – svela i meccanismi di costruzione della storia. Nello stesso modo si possono leggere molti dei racconti meta-fumettistici contenuti nei già citati Kagopedia e Uno scontro accidentale.

La genesi del popolo racconta inizialmente la storia di una ragazza a cui cade l’anello in mare, ma quando il suo fidanzato si tuffa per recuperarlo l’autore trasforma la tavola del fumetto da bidimensionale a tridimensionale, svelando un arcano parallelepipedo di vignette in cui convive simultaneamente tutta la storia. Da qui in poi la situazione – come sempre – degenera, svelando la mostruosità nascosta della tavola di un manga. Anche qui Kago si diverte: più che a realizzare un meta-fumetto capace di riflettere sul medium (cosa che comunque accade, così come Fraction è al contempo un thriller e la sua negazione), preferisce costruire una storia che sembra inscenare il folle dietro le quinte della sua stessa creazione, ponendo grande attenzione nel raccontare il progressivo disfacimento della logica in favore di un caos che sembra la fioritura di un subconscio.

Così come succede nelle sue storie, l’arte di Shintaro Kago obbliga anche i lettori a effettuare continui zoom-out per allargare la visuale e comprendere i reali confini dei suoi manga. E per avere una visuale completa non bisogna tralasciare quello che ritengo essere il vero motore del suo lavoro: i confini imposti dall’editore.

Come spesso accade con tanti mangaka, è davvero difficile trovare interviste a Shintaro Kago con risposte che vadano oltre la cordialità e i monosillabi. Nel 2008 però Vice pubblica questa intervista, che si apre con una dichiarazione interessante. L’intervistatore esordisce chiedendogli come mai nei suoi manga c’è sempre così tanta merda, e lui risponde così:

[…] è solo… merda. Sostanzialmente, il punto è quante variazioni di storie che ruotino attorno alla merda e al sesso riesco a inventarmi. È così difficile. A dire il vero volevo smettere dopo le prime due o tre che ho disegnato. Merda e sesso sono semplicemente dei punti di partenza, e a meno che tu non riesca a spuntare quelle cose non puoi nemmeno cominciare a pensare a una narrazione.

In altre sue interviste si possono trovare risposte simili (anche se più sbrigative): Kago ribadisce più e più volte che le richieste della committenza gli sono utili per dare dei punti fissi alla storia e alla sua narrazione. Infatti quando l’intervistatore, qualche domanda più avanti, gli chiede cosa farebbe se qualcuno gli chiedesse di disegnare quello che vuole, Kago risponde:

In realtà potrebbe essere ancora più difficile. Hai di certo un’idea della direzione che sta prendendo il tuo lavoro se devi sottostare a regole e temi settati da una rivista. Sento che essere liberi al 100% sia un ostacolo all’espressione creativa, in un qualche strano modo. La tua gamma espressiva diventa più ricca nel momento in cui hai certi limiti e restrizioni.

Per Kago è importante avere paletti e restrizioni non tanto per farsi prendere dalla furia iconoclasta e superare i confini del fumetto, quanto per avere dei punti fermi da cui partire oppure degli approdi cui fare affidamento nel momento del bisogno (che sia narrativo o economico poco importa). È infatti importante notare come – al contrario delle scene di sesso e di violenza – le sequenze scatologiche dei suoi manga non si trasformino mai in metafore sociali e non diventano strumento per fare della satira, ma mantengano un’anarchica indipendenza dal tessuto del racconto, isolate al limite della gratuità. I suoi racconti più puramente scatologici sono anche quelli meno politici e più legati alla narrazione di genere: un esempio perfetto è Dopotutto (contenuto in Kagopedia), che avrebbe tutte le carte in regola per essere un horror al limite del sopportabile, se non fosse per la premessa iniziale che fa sembrare il tutto una barzelletta che si è spinta un po’ troppo in là. E quindi va a finire ancora una volta che si trattengono i conati con i denti stretti in una risata, come se Kago dirottasse le iniziali intenzioni dell’editore (un fumetto con ragazze che mangiano la merda) verso una strada decisa da lui e lui soltanto (un fumetto ironico e volgare che usa i toni dell’horror), mutando la richiesta iniziale in qualcosa di nuovo per quanto rispettoso della comanda.

Così i fumetti di Kago diventano esercizi per un’evasione procrastinata, perché in fondo al prigioniero nella sua cella piace la possibilità di sognare infinite fughe più di quanto gli piaccia l’idea dell’infinita libertà.

Bibliografia essenziale di Shintaro Kago

Uno scontro accidentale sulla strada per andare a scuola può portare a un bacio?
2014, Hikari Edizioni
Traduzione di Valeria di Napoli

Fraction
2015, Hikari Edizioni
Traduzione di Francesco Nicodemo

Anamorphosis
2016, Hikari Edizioni
Traduzione di Luigi Tasca

Diari di massacri
2016, Hikari Edizioni
Traduzione di Francesco Nicodemo

Super conductive brain parataxis
2016, Star Comics
Traduzione di Michela Riminucci e Gianluca Cataldo

Tract
2016, Hollow Press

Tecniche di assassinio attraverso i secoli
2017, Hikari Edizioni
Traduzione di Francesco Nicodemo

Harem end
2017, Hikari Edizioni
Traduzione di Francesco Nicodemo

Gli strani avvenimenti del feudo di Tengai
2017, Hikari Edizioni
Traduzione di Francesco Nicodemo

Day of the flying head
4 voll.
2017 – in corso, Hollow Press

La formidabile invasione mongola
2018, RW Goen

Kagopedia
2018, Hikari Edizioni
Traduzione di Francesco Nicodemo

Shine!
2018, Hikari Edizioni
Traduzione di Juan Scassa

2018-11-19T11:03:26+00:0019 / 11 / 18|Numero 3: ESTREMO, Ritratti d'autore|0 Comments

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