3.92: Se, se…

Sonatina: monologhi (sur)reali a più voci.

di Gnomo Speleologo

Sono nato guardando le uova.
Un libriccino ad anelli di René Mettler, pubblicato dalla Feltrinelli.
L’uovo.
Sfogliavo e guardavo dentro le cose. Dentro le uova vedevo il tuorlo diventare pulcino. E mi commuovevo.

Sono, poi, cresciuto. E fu Topolino.
Mio padre si rifiutava di leggermi l’Inferno di Topolino perché scritto troppo in piccolo.
Vedevo Paperino spaventarmi nella sua furia iraconda.
A sei anni Topolino si alternava a sporadici acquisti di albi supereroistici. Principalmente Batman e Spiderman.
Ma fu quando imparai a leggere che acquisii l’arte della pazienza. E solo in quegli anni di noia, gioco e tempo libero, le prolisse avventure dell’Uomo Ragno di Stan Lee e Steve Ditko riuscirono a intrattenermi alla pari di una delicata soap opera argentina.
Raccolte in un rigido cartonato rosso indistruttibile, le vicende dell’amichevole arrampicamuri di quartiere si lasciavano accarezzare dalle mie piccole mani, e leggere dalla mia inalterata mente. L’atletica forza di Peter Parker e le sue vicissitudini all’interno della redazione del Daily Bugle mi confondevano. Gli interminabili dialoghi interiori a nuvoletta dei protagonisti mi ubriacavano senza mai scoraggiarmi dal proseguirne la lettura. Avevo tutto il tempo del mondo.

Poi venne Miller, e il suo Devil.

Passai un intero compleanno a leggere le gesta di Bullseye ne L’Ultima Mano.

“Se, se” diceva nella traduzione di Ronchetti e Lupoi, prima di uccidere il secondino della prigione in cui era condannato. Fu la prima volta che mi trovai all’interno della testa di un pluri-omicida con un tumore al cervello. Un’esperienza che solo il fumetto era in grado di regalare: seduto su un’altalena, a stropicciare quelle tavole disturbanti. “Se, se”, diceva il cattivo, puntando la pistola davanti alla guardia carceraria prona, indifesa, che gli pregava di risparmiarlo. “Se, se” era la stessa battuta che poche pagine prima la stessa guardia rivolgeva a Bullseye, prendendo tempo prima di dargli la medicina per il tumore.

Con quello scambio di battute mi si aprì un intero mondo.
“Quindi coi fumetti si può fare anche questo?”, mi chiedevo, leggendo e rileggendo quelle poche righe.
Fu un’epifania.
Una delle più grandi lezioni narrative della mia vita. “Se, se” diceva Bullseye, prima di uccidere a sangue freddo. Le due parole mi si tatuarono nella mente: rappresentavano un pozzo semantico molto più profondo di qualsiasi altra battuta concepibile. Un’interazione vera, umana, tra due personaggi di finzione. Lo sfottio di un criminale nei confronti della propria guardia. Bullseye stava facendo il verso. Semplicemente gli stava facendo il verso prima di sparargli.
Per me, allora, si trattava di qualcosa di incredibile. Erano questi i fumetti che volevo leggere, lo capii subito.
“Se, se”.

Di una potenza incalcolabile. Grazie, Frank.
(Forse fu per questo che, dodici anni dopo, rimasi estremamente deluso dalla nuova traduzione di Ronchetti, che tramutò l’altero “Se, se” in un molto più normale e meno spocchioso “Sì, sì”).
L’Ultima Mano portò con sé tante altre letture, dall’Hulk di Peter David (l’ombra dell’aids, di una terrificante figura paterna e dell’odio per se stessi), agli X-Men di Morrison (il mal di stomaco che provo tutt’ora a ripensare a Cassandra Nova e al genocidio di Genosha).

Ci sono pagine che non ho mai rimosso e che difficilmente rimuoverò dalla mia testa.

Poi arrivarono i junk-food manga e la magia, in un certo senso, si ruppe. Mi incamminai in un lungo percorso di letture bulimiche, indiscriminate. Andava bene qualsiasi cosa fosse prodotta in Giappone. Pochi anni che mi temprarono e migliorarono il mio senso critico. Pian piano imparai a capire come muovermi nel vastissimo mercato fumettistico, cosa comprare e cosa no. Cosa mi piaceva leggere e cosa no.
I manga e la loro generosa offerta a buon mercato servirono per maturare il mio gusto estetico e narrativo.

A forza di errori, acquisti discutibili e letture vergognose, raffinai le mie scelte, ritornando alla scena statunitense, ma interessandomi pure di quella italiana. Fino alle autoproduzioni.
E da lì, la disillusione.
Se, se.

2018-11-30T11:51:02+00:0030 / 11 / 18|03 - Sonatina, Numero 3: ESTREMO|0 Comments

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