Nei miei occhi

scheda di Matteo Gaspari

Un incontro in biblioteca. C’è una ragazza che legge, fra tre giorni ha un pre-appello, sta studiando Wittgenstein. Poi lo sappiamo come andrà avanti la storia: da cosa nasce cosa, qualche chiacchiera, una cena e una festa, il pre-appello va male. Ma anche chissene, ci sarà tempo per ritentare l’esame. Questo invece è l’inizio di una storia d’amore. No?
Nei miei occhi è un vecchio fumetto di Bastien Vivès pubblicato in Italia da una Black Velvet, pace all’anima sua, all’epoca ancora in gran forma. Parliamo del 2010, quando ancora Vivès si sprecava un minimo a disegnare, invece di tirare via al massimo come sembra star facendo ultimamente. Lo perdoniamo solo perché il bel disegno non è tutto, soprattutto se come il buon Bastien sei un drago di regia e di composizione della tavola. Però ammettiamocelo, se Una sorella fosse uscito con gli stessi disegni de Il gusto del cloro o la stessa colorazione a matita di questo Nei miei occhi… sarebbe stato fantastico.

 

Ma torniamo sul pezzo. Come ho detto altrove, Bastien Vivès è un autore ad alto tasso di piacioneria. Le sue storie, soprattutto quelle più smaccatamente sentimentali, hanno la giusta dose di strizzatine d’occhio e di cliché per attecchire anche sui lettori più insistentemente affezionati alla commedia romantica 1.0, quella dove vengono dette sempre le cose giuste al momento giusto, dove l’amore sboccia come i fiori a primavera e, anche se tra mille peripezie, quella dall’altra parte è sempre la persona giusta.
Ma se da un lato non c’è nulla di più ordinario, di più standardizzato, di un cliché, dall’altro ci vuole una certa abilità per prendere una storia fatta di luoghi comuni e renderla naturale, credibile. E Bastien Vivès in qualche modo ce la fa sempre, riuscendo a far funzionare anche le peggio frasi fatte. “Non sei tu sono io”, dice a un certo punto la ragazza di Nei miei occhi.

Un po’ è la sua abilità di dialoghista a fare la magia, un po’ la regia impeccabile fatta di istantanee che immortalano il giusto gesto o la fugace espressione che proprio lì proprio in quel momento comunica tutto quello che deve comunicare. Sta di fatto che l’autore riesce in qualche modo a stare a galla nel mare di marmellata in cui si muove, consapevole dei rischi e capace di trasformare situazioni arcinote in appigli ad un immaginario collettivo e diffuso cui attingere per aumentare il senso di vicinanza tra lettore e personaggi.
Ma nel caso di Nei miei occhi è soprattutto la scelta del punto di vista a fare la magia, trascinando il lettore dentro la situazione e facendolo sentire coinvolto in quella che tranquillamente sarebbe potuta scadere in una banalissima storiella d’amore come mille altre.

Assistiamo alla vicenda vedendo tutto dagli occhi del protagonista, con una visuale in prima persona che ci forza a metterci sullo stesso piano dei personaggi del racconto: vediamo quello che vede il protagonista e nient’altro, non abbiamo una posizione privilegiata né informazioni aggiuntive sul mondo della narrazione. E qui, di nuovo, la capacità dell’autore di scattare le giuste fotografie rende il processo di immedesimazione indolore, evidenziando i giusti dettagli e giocando con lo scorrere del tempo che ora rallenta e ora sembra accelerare singhiozzando eccitato quando le cose sembrano avviarsi per il verso giusto.
Processo di immedesimazione che viene ulteriormente accentuato dalla scelta di non farci sentire le parole del protagonista. Sappiamo che i due chiacchierano, vediamo le risposte e le reazioni di lei, ma Vivès ci chiede di riempire il bianco di tutta una metà di dialogo che diventa quindi nostra.
Così pagina dopo pagina impariamo a conoscerla un po’ anche noi quella bella ragazza incontrata in biblioteca mentre studia Wittgenstein, e vorremmo conoscerla sempre un po’ di più, chiedendoci cosa potremmo mai aver detto per far finire le cose così e rimanendoci un po’ male in prima persona per quel “non sei tu sono io” che è diretto anche a noi.
Più che in altri suoi lavori, in Nei miei occhi Bastien Vivès prende la più classica delle storielle romantiche e la rimpasta per farci entrare in una normalità estranea ma che non possiamo che percepire come vicina. Vicinissima.

Nei miei occhi
Bastien Vivès
2010, Black Velvet

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